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Nomina membri CdA partecipate: deve essere rispettato il principio delle pari opportunità


Tar Lecce, Sez. I, Sentenza n. 622 del 24 febbraio 2010
di Federica Caponi

Il Sindaco nella nomina dei membri dei consigli di amministrazione delle società partecipate deve sempre rispettare il principio di pari opportunità, ai sensi dell’art. 51 della Costituzione.

Questo il principio affermato dal Tar Puglia, nella Sentenza in commento, con la quale ha accolto il ricorso presentato da alcuni consiglieri comunali avverso l’atto di nomina del Sindaco dei membri del consiglio di amministrazione di una società partecipata dal Comune.

Nel caso di specie, il Sindaco aveva nominato i membri del consiglio di amministrazione della società a totale partecipazione pubblica dell’Ente, senza aver contemplato alcuna candidata di sesso femminile.

Il Tar ha preliminarmente chiarito che il potere attribuito al Sindaco di provvedere alla nomina, ai sensi dell’art. 50, comma 8, del Tuel, dei rappresentanti del Comune presso Enti, Aziende e Istituzioni, sussiste innanzitutto nelle ipotesi di rapporto di “strumentalità” o “subordinazione” esistente tra il Comune e l’Ente nei cui confronti la nomina ha effetto.

Pertanto, nel caso di specie, il Comune ha correttamente agito, in occasione della nomina dei predetti organismi societari, non come socio ma come Autorità pubblica preposta al controllo e al coordinamento della società.

Risponde inoltre a canoni di coerenza e logicità il fatto che, se il rapporto tra i due Enti deve essere ricondotto a un modello organizzativo di dipendenza organica (simile a quello che normalmente si realizza nell’organizzazione burocratica di una P.A.) e dunque di derivazione pubblicistica, allo stesso modo gli atti organizzativi, ossia quegli atti attraverso i quali tale rapporto va regolato (e tra questi le nomine dei membri della società), debbono essere concepiti secondo analoghi schemi di diritto pubblico.

E’ ormai pacifico che organismi formalmente privati, ma sostanzialmente pubblicistici siano assoggettati alle regole del diritto amministrativo, sia per quanto riguarda il rispetto dei criteri di evidenza pubblica per la scelta dei contraenti, sia del principio di concorsualità per il reclutamento del personale (art. 18 del Dl. n. 112/08).

Pertanto, secondo il Tar, è da ritenere coerente con tale orientamento la scelta di procedere alla nomina dei membri degli organi di amministrazione e di controllo delle stesse società mediante l’utilizzo di schemi decisionali propri del diritto amministrativo, ossia attraverso l’adozione di atti provvedimentali e autoritativi.

I Giudici amministrativi hanno poi ricordato che l’art. 51 della Costituzione prevede che “tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”.

Con particolare riferimento a tale norma è necessario precisare che “pubblici uffici” deve riferirsi a tutti i soggetti dell’ordinamento che, a prescindere dalla veste formalmente assunta, sono comunque assimilabili – sulla base di indici di derivazione comunitaria (funzioni esercitate, interessi perseguiti e modalità di controllo decisionale) – ad una P.A. in senso sostanziale, nel cui novero sono inquadrabili anche le società in house.

Deve riferirsi in altre parole a tutti gli organismi che sono in concreto qualificabili alla stregua di Enti strumentali del Comune, e dunque ad esso subordinati.

La portata della disposizione di cui all’art. 51 della Costituzione determina un particolare modo di essere e di agire in capo a qualsiasi soggetto pubblico, anche locale, quello cioè di provvedere, quale che sia l’oggetto dei singoli interventi, sulla base dei canoni della c.d. “democrazia paritaria”.

L’art. 51 sopra richiamato vincola ormai le singole Amministrazioni e i propri rappresentanti istituzionali, anche a livello locale, ad agire nel rispetto del principio di pari opportunità.

Di conseguenza, secondo il Tar, “ogni statuizione che non tenga adeguatamente conto del necessario <riequilibrio di genere> costituirà una violazione di siffatto obbligo costituzionale”.

Pertanto, secondo i Giudici amministrativi:

–          gli organi del Comune sono tenuti all’applicazione del principio di pari opportunità, ex art. 51 Cost.;

–          tale principio dovrà essere tradotto mediante specifici provvedimenti e, in primo luogo, in occasione di qualsivoglia atto di nomina;

–          tale principio dovrà trovare applicazione anche in relazione alle nomine concernenti gli Enti strumentali del Comune, ivi ricomprese le società da esso partecipate.

Tali conclusioni trovano conferma, tra l’altro, nella nuova formulazione di cui all’art. 1, comma 4, del Dlgs. n. 198/06 (Codice delle pari opportunità), come modificato dall’art. 1, comma 1, lett. b), del Dlgs. n. 5/10, ove stabilisce che “l’obiettivo della parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere tenuto presente nella formulazione e attuazione, a tutti i livelli e ad opera di tutti gli attori, di leggi, regolamenti, atti amministrativi, politiche e attività”.

Tale disciplina è contenuta comunque anche nell’art. 6 comma 3, del Tuel.

Pertanto, secondo il Tar, il Sindaco, nell’ambito della procedura svolta per le nomine dei membri dei CdA delle partecipate deve tenere conto del principio delle pari opportunità, eventualmente riservando una aliquota dei membri da nominare al sesso generalmente sottorappresentato, ossia quello femminile.

E’ da ritenere acquisito, nella giurisprudenza, il principio secondo cui i provvedimenti di nomina, pur costituendo atti di alta amministrazione e seppure connotati da un tasso di discrezionalità particolarmente elevato, non sono tuttavia sottratti, come tali, al principio di legalità e in primo luogo al rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento e tra questi vi è quello delle pari opportunità tra uomo e donna di cui alle citate fonti costituzionali e legislative.

Il Tar ha così accolto il ricorso presentato da alcuni consiglieri comunali e ha annullato l’atto di nomina del Sindaco dei membri di una società partecipata dal Comune, ritenendolo illegittimo in quanto in contrasto con il principio di pari opportunità.

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