Un sindaco ha chiesto se, al fine di gestire il “potenziale” ritorno a tempo pieno del personale dipendente che, in passato, aveva optato per il tempo parziale, sia possibile computare, sin da subito, nel calcolo del tetto annuo di spesa per il personale dell’ente, anche la spesa annua all’uopo necessaria, ancorché non stanziata in bilancio e impegnata, configurando una sorta di “prenotazione di impegno”.
I magistrati contabili del Veneto, con la deliberazione 477/2013 pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 3 gennaio 2014, hanno ricordato che il diritto (potestativo) del dipendente di ritornare all’originaria conformazione del rapporto (a tempo pieno), anche in “soprannumero”, è riconosciuto dall’articolo 4 del ccnl. 14 settembre 2000.
I vincoli finanziari, quale quello imposto dal comma 557, possono incidere solo sulla componente discrezionale della spesa e non su quella vincolata.
In tal caso, l’eventuale “sforamento” della spesa, secondo i magistrati contabili, potrebbe essere non rilevante se l’ente, nell’ottica più generale di riduzione e di contenimento della spesa pubblica, provveda a riassorbire, sia pur gradualmente ed a partire dall’esercizio finanziario immediatamente successivo, la maggior spesa conseguente alla riespansione dei rapporti (Corte dei conti, sez. contr. Veneto, deliberazioni nn. 106 e 139 del 2013).
Secondo i magistrati contabili, infine, l’utilizzo della c.d. “prenotazione di impegno” prospettata dall’ente non risulta ammissibile.
Tale operazione, fittizia, della spesa annua per il personale in misura corrispondente al maggior onere derivante dalla potenziale riespansione di tutti i rapporti a tempo determinato facenti capo all’ente, slegata dalle previsioni di bilancio e, dunque, da qualsivoglia programmazione finanziaria, oltre che amministrativa, si colloca totalmente al di fuori del sistema di principi in materia di spesa pubblica ed, in particolare, di spesa degli enti locali.